L'avevo letto da qualche parte. Probabilmente in in libro di William Burroughs.
Esisteva una macchina in grado di generare sogni!
Si chiamava Dream Machine ed era stata inventata e costruita da Brion Gysin and Ian Sommerville.
Poi d'incanto la trovai su una rivista (allora internet non c'era) che dava perfino le istruzioni per costruirla. Metterla assieme fu un gioco da ragazzi e per farla ruotare a 78 giri bastò usare la vecchia valigetta giradischi di mia madre. Ma generare quei sogni si dimostrò molto più complicato: passai ore davanti a quei lampi di luce senza ottenere granche.
Anni dopo lessi che dei progettisti giapponesi avevano creato un programmatore subliminale di sogni, lo Yumemi Kobo, uno strumento che serviva a costruirci dei sogni su misura.
Non mi sono mai informato dell'attendibilità del progetto ma di sicuro questo progetto presagiva una certa tendenza sempre più diffusa nell'universo mediatico e anche musicale.
Le nuove tecnologie di diffusione del suono in streaming (Spotfy, I Tunes, Deezer, Google Play Music...) sono sempre più in grado di regalarci musiche tagliate su misura: possono creare playlist di genere, creare radio per ogni gusto...trasportando l’intenzione di quei progettisti giapponesi in musica.
Ciò non significa che questi strumenti sappiano aprire i confini della percezione e dell'immaginazione. Anzi, l'immaginazione si nutre della messa in corto circuito delle proprie convinzioni sonore.
Ecco perchè Diserzioni preferisce lasciar galleggiare suoni in un “cuore di tenebra” ambiguo e inafferrabile che nessuna macchina potrà mai programmare.
Ma soprattutto ci pare che l'immaginazione sia incompatibile con l'autoreferenzialità perchè a furia di sognare solo e sempre se stessi si finisce male. Un po' come le vecchie stars afflitte da narcisismo onanistico. La tristezza di vedere all'opera gli ultimi U2 nè è la prova e solo un esempio tra i tanti di questa deriva.
Per fortuna c' è “l’altro suono”, che a suo modo è da sempre una Dream Machine, ma impedisce di sognare ciò che vogliamo.
Ci impedisce di illuderci che i nostri sogni siano gli unici desiderabili e ci spinge invece a ricercare altri utopici sognatori nelle lande sconosciute nel suono.
ps) nota/trip/delirio scritto riascoltando un promo in vinile rosa con al centro la scritta "Underworld - Rez" a più di 20 anni dall'uscita:
Esisteva una macchina in grado di generare sogni!
Si chiamava Dream Machine ed era stata inventata e costruita da Brion Gysin and Ian Sommerville.
Poi d'incanto la trovai su una rivista (allora internet non c'era) che dava perfino le istruzioni per costruirla. Metterla assieme fu un gioco da ragazzi e per farla ruotare a 78 giri bastò usare la vecchia valigetta giradischi di mia madre. Ma generare quei sogni si dimostrò molto più complicato: passai ore davanti a quei lampi di luce senza ottenere granche.
Anni dopo lessi che dei progettisti giapponesi avevano creato un programmatore subliminale di sogni, lo Yumemi Kobo, uno strumento che serviva a costruirci dei sogni su misura.
Non mi sono mai informato dell'attendibilità del progetto ma di sicuro questo progetto presagiva una certa tendenza sempre più diffusa nell'universo mediatico e anche musicale.
Le nuove tecnologie di diffusione del suono in streaming (Spotfy, I Tunes, Deezer, Google Play Music...) sono sempre più in grado di regalarci musiche tagliate su misura: possono creare playlist di genere, creare radio per ogni gusto...trasportando l’intenzione di quei progettisti giapponesi in musica.
Ciò non significa che questi strumenti sappiano aprire i confini della percezione e dell'immaginazione. Anzi, l'immaginazione si nutre della messa in corto circuito delle proprie convinzioni sonore.
Ecco perchè Diserzioni preferisce lasciar galleggiare suoni in un “cuore di tenebra” ambiguo e inafferrabile che nessuna macchina potrà mai programmare.
Ma soprattutto ci pare che l'immaginazione sia incompatibile con l'autoreferenzialità perchè a furia di sognare solo e sempre se stessi si finisce male. Un po' come le vecchie stars afflitte da narcisismo onanistico. La tristezza di vedere all'opera gli ultimi U2 nè è la prova e solo un esempio tra i tanti di questa deriva.
Per fortuna c' è “l’altro suono”, che a suo modo è da sempre una Dream Machine, ma impedisce di sognare ciò che vogliamo.
Ci impedisce di illuderci che i nostri sogni siano gli unici desiderabili e ci spinge invece a ricercare altri utopici sognatori nelle lande sconosciute nel suono.
ps) nota/trip/delirio scritto riascoltando un promo in vinile rosa con al centro la scritta "Underworld - Rez" a più di 20 anni dall'uscita:
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