La domanda rieccheggia di nuovo
inevitabile.
Assieme alla domanda - ossessiva,
annoiata, rituale, neccessaria – circolano anche alcune risposte
nei vari forum musicali.
Qualcuno ritiene che queste classifiche
dovrebbero avere essenzialmente una funzione semaforica: dovrebbero
cioè suggerire il via libera o lo stop all'ascolto di un disco visto
l'impossibilità comune del scegliere nel marasma musicale odierno.
Qualcun'altro pensa che la funzione sia essenzialmente giudicante,
una sorta di tribunale estetico in cui si emettono sentenze e si
eseguono condanne (tanti mettono pure le classifiche dei peggiori
dischi dell'anno). Qualcun'altro ancora pensa che siano un momento di
mediazione tra l'autore e il suo pubblico. Chi solo un gioco...e si
potrebbe continuare.
E chi non ama nessuna di queste figure?
Chi non si ritrova ne nei panni di un
semaforo ne di un giudice, ne in quelli di un mediatore. Che fa?
Rinuncia? Decide di fare altro? Si iscrive al partito del “ quelli
sì che erano tempi”?
Io semplicemente penso che non serva
fare playlist per parlare del suono attuale. Penso che oggi non serva
tanto fare da mediazione tra l' autore e l'ascoltatore (entità oggi
quanto mai fantasmatiche) quanto piuttosto tra il mondo e il senso.
Il suono sta li nel mezzo. E chi “scrive” di musica dovrebbe
essere colui che tesse relazioni tra l'uno e l'altro. O che proietta
l'uno sull'altro. O genera l'uno a partire da l'altro.
Per farlo deve saper ascoltare oltre.
Deve rivelare ciò che in genere non viene rivelato.
Consapevole comunque di rivelare una
parzialità infinitamente piccola di un mondo che contiene
un'infinità di mondi.
Non c'è via d'uscita: per me la
playlist di fine anno è impossibile stillarla.
Non mi resta che continuare a muovermi
attraverso il suono fra il mondo e il senso senza pretendere di
sapere una volta per tutte dove sto andando. Ma senza mai dimenticare
che se nel mio orizzonte resta solo il suono (e non c'è il mondo, e
non c'è il senso) forse è meglio che smetta di trasmettere e scrivere di musica.
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