A saper guardare il bianco non è poi veramente bianco
“Un tempo si era dark o paninari, un tempo si ascoltava rock o disco music, indie o commerciale, ora i giovani navigano verso approdi incerti”
Questa frase detta da uno dei tanti critici del mondo sonoro attuale mi pare un bellissimo auspicio.
O una diagnosi di un mondo in cui mi riconosco senza riserve, pur provenendo dalla stessa cultura musicale del mio interlocutore.
Perchè oggi non possiamo essere che disapprodati. O disapprovati.
Senza mete, senza bussole, senza facili certezze.
Senza dogmi, senza idoli da seguire.
Per questo, nel continuo flusso sonoro, l'unica identità possibile è quella che si genera dalla liquefazione delle vecchie identità costituite, nella corrosione delle tendenze che si cristallizzano, nella perenne messa in discussione del senso.
Di fronte ad una proliferazione di suoni che tende a diventare “rumore bianco” indistinguibile, non si può scadere nella nostalgia, nel dire “oggi suona tutto uguale”, ma continuare a operare continui spiazzamenti, generare sospetti, innescare attentati al gusto dominante, cercare la propria via di fuga, la scia dove più dolce sia la deriva.
Gli approdi certi li lasciamo ai talent show, alle vecchie e decrepite star, ai professionisti della musica. Meglio avere il dubbio, il sospetto, il mistero, la curiosità del disapprodato che vaga nell'indistinguibile rumore bianco.
Perchè a saper guardare il bianco non è poi veramente cosi bianco.
Nessun commento:
Posta un commento