Da tempo ho la sensazione che gran parte dell' iperproduzione sonora attuale sia paralizzata dall’enorme quantità di impulsi sonori che la bersagliano, e incapace di costruire progetti di deriva collettiva che non siano quelli, derivati da suggestioni che le giungono dalla storia passata.
I fenomeni del glo-fi e della chillwave, dell'hauntology un'ondata di musiche di autori “nuovi” che ha fatto però della nostalgia, del retrò, del vintagismo (prima con focus sugli anni Ottanta, ora anche sugli anni Novanta), il proprio credo estetico confermano questo.
La cosa, soprattutto sonorità che riprendono wave, dream pop e shoegazing, mi coinvolge parecchio, ma cosa resterà per gli hauntology di domani, e cosa resterà della musica come forza propulsiva e produttrice di novità?
Dal punk del 1977, dal “No future” di Sid Vicious sono sorti il post-punk e la new wave con il loro disperato narrare la fine della società industriale, la fine del welfare e con questo l' inizio della fine di quella cultura della disoccupazione che era la base di molta musica indipendente. I ravers forse sono stati l'ultima forma di quella “cultura della disoccupazione” con il loro “24 hours party”. Il loro ritorno a casa è stata forse l'ultima deriva collettiva, con le cuffie piene di elettronica d'ascolto riversata nelle camere da letto e nella rete.
Il canto del cigno della scena rave con tutte le sue derivazioni è il sound “burialiano”, che sembra essere il requiem dell'euforia dell'era elettronica, la descrizione del ritorno alle vite individuali dopo lo sballo di un intera generazione.
Abbiamo seguito la "nuova onda" del post punk, abbiamo seguito onda elettronica del post-rave, ma ora, cosa spinge alla deriva collettiva, cosa comunica con quel parlato interiore che chiamiamo profondità, cosa porta a riconoscersi culturalmente sulla base della musica o della poesia e non sulla squadra di calcio o sull'etnia. Forse questo è tempo di risacca, del tornare indietro, dell'accumulo di esperienze, della goccia che arranca alla ricerca del fluire della corrente.
Il fatto nuovo è che non c'è più la bussola, che la tentazione a perdersi nell'infinita memoria sonora a disposizione di tutti è forte. E' vero che da queste risacche proliferano miriadi di rigagnoli, sottogeneri che comunicano traiettorie inedite, ma non sono ancora onda che pratica formattazione e nuova partenza. La zattera del naufrago nell’oceano di suono, continua a vagare nelle scie sonore dove più dolce è la deriva, pronta a trasformarsi in surf a cavallo della prossima onda anomala.
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