martedì 2 aprile 2013

L'evanescenza vocale

Il venir mano del corpo nell'immateriale sonoro
 
La musica che amiamo da sempre è esplorazione di mondi sconosciuti, una cosa erotica, emozionale, fatta di disagio e riscatto, di introspezione e voglia di incidere sulla realtà, di mistero e messa a nudo.
Ora, nell'epoca dei talent show e delle cover band, dove non si esplora più altri mondi, dove non ci si guarda più dentro ne si interpreta la realtà, ma si pesca all'infinito nel passato, e spesso non nel migliore, come può mantenersi viva la musica?
La digitalizzazione ha messo a disposizione l'intero archivio della musica registrata e oggi sembra basti reinterpretare l'esistente in un karaoke senza fine.
Questa immensa disponibilità di dati sonori, questa riverenza verso la tecnologia, la percezione di non essere all'altezza di un passato interamente consultabile (si trova sempre qualcuno che ha fatto di meglio) tende a far sparire il lato fisico del suonare: quella commossa, agitata, sensuale, emotiva imperfezione dell'atto umano.
A questa inadeguatezza del corpo umano di fronte alla perfezione e illimitatezza digitale si reagisce con l'esaltazione della parte meno emulabile e più corporea: la voce. Ecco il proliferare di concorsi canori in ogni luogo, dalla televisione al bar sottocasa, dove la musica viene messa in secondo piano se non ignorata, mettendo in primo piano l'esibizione del proprio corpo attraverso il canto.
Questo il lato “mainstream”, e per quanto riguarda “l'alternativo”?
Da anni le nuove tecnologie sono al centro della ricerca musicale, e la musica elettronica è senz'altro la parte più innovativa del suono attuale e quella che più ha indagato il rapporto con la virtualità cercando di innestare il corpo e l'anima nel suono digitale, di dargli “heart and soul”.
Ma oggi l'underground sonoro come reagisce a questa tendenziale risoluzione del corporeo nell'immateriale?
Ancora una volta reagisce leggendo il paradosso, facendosene carico, facendo emergere la contraddizione. Usando, per esempio, la voce come l'insopprimibile ambivalenza umana, cioè la sua inevitabile residualità assieme alla resistenza alla sua tendenziale sparizione.
Una cosa che mi sembra identificativa e modellativa di questo momento musicale, sono infatti le sperimentazioni con la voce, le varie forme di testurizzazione digitale delle voce come l’Autotune, la frammentazione dei vocals, il micro-editing dei sample vocali e la creazione di nuovi pattern.
Queste voci frammentante possono essere evanescenti, spettrali o angeliche ma mostrano la fenomenologia del venir meno corporeo, del suo con-fondersi con l'infinito fluire digitale. Questa è una tendenza che da tempo emerge nel panorama musicale attualmente più interessante come il post dubstep, la witch, il wonky, la future garage, l'hauntology... ma oramai ha influenzato anche l' elettronica più hype .
La registrazione dei rumori della metropoli e della pioggia sull'asfalto sembrano lacrime dell'anima, sepolte nel terreno precario dei profondi e vibranti bassi che fanno da sfondo a frantumati ed angelici campionamenti vocali che s'innalzano come un' espressione di ciò che resta di corporeo nell' immateriale ed infinito oceano sonoro attuale.
Questa mi sembra oggi la parte più viva e rappresentativa della mutazione in atto, la romantica resistenza di una musica che sa ancora, nonostante la totale dispersività della rete, restarti tatuata nel corpo e nell'anima.

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