Ora, nell'epoca dei talent show e delle cover band, dove non si
esplora più altri mondi, dove non ci si guarda più dentro ne si
interpreta la realtà, ma si pesca all'infinito nel passato, e spesso non
nel migliore, come può mantenersi viva la musica?
La digitalizzazione ha messo a disposizione l'intero archivio della
musica registrata e oggi sembra basti reinterpretare l'esistente in un
karaoke senza fine.
Questa immensa disponibilità di dati sonori, questa riverenza verso
la tecnologia, la percezione di non essere all'altezza di un passato
interamente consultabile (si trova sempre qualcuno che ha fatto di
meglio) tende a far sparire il lato fisico del suonare: quella commossa,
agitata, sensuale, emotiva imperfezione dell'atto umano.
A questa inadeguatezza del corpo umano di fronte alla perfezione e
illimitatezza digitale si reagisce con l'esaltazione della parte meno
emulabile e più corporea: la voce. Ecco il proliferare di concorsi
canori in ogni luogo, dalla televisione al bar sottocasa, dove la musica
viene messa in secondo piano se non ignorata, mettendo in primo piano
l'esibizione del proprio corpo attraverso il canto.
Questo il lato “mainstream”, e per quanto riguarda “l'alternativo”?
Da anni le nuove tecnologie sono al centro della ricerca musicale, e
la musica elettronica è senz'altro la parte più innovativa del suono
attuale e quella che più ha indagato il rapporto con la virtualità
cercando di innestare il corpo e l'anima nel suono digitale, di dargli
“heart and soul”.
Ma oggi l'underground sonoro come reagisce a questa tendenziale risoluzione del corporeo nell'immateriale?
Ancora una volta reagisce leggendo il paradosso, facendosene carico,
facendo emergere la contraddizione. Usando, per esempio, la voce come
l'insopprimibile ambivalenza umana, cioè la sua inevitabile residualità
assieme alla resistenza alla sua tendenziale sparizione.
Una cosa che mi sembra identificativa e modellativa di questo momento
musicale, sono infatti le sperimentazioni con la voce, le varie forme
di testurizzazione digitale delle voce come l’Autotune, la
frammentazione dei vocals, il micro-editing dei sample vocali e la
creazione di nuovi pattern.
Queste voci frammentante possono essere evanescenti, spettrali o
angeliche ma mostrano la fenomenologia del venir meno corporeo, del suo
con-fondersi con l'infinito fluire digitale. Questa è una tendenza che
da tempo emerge nel panorama musicale attualmente più interessante come
il post dubstep, la witch, il wonky, la future garage, l'hauntology...
ma oramai ha influenzato anche l' elettronica più hype .
La registrazione dei rumori della metropoli e della pioggia
sull'asfalto sembrano lacrime dell'anima, sepolte nel terreno precario
dei profondi e vibranti bassi che fanno da sfondo a frantumati ed
angelici campionamenti vocali che s'innalzano come un' espressione di
ciò che resta di corporeo nell' immateriale ed infinito oceano sonoro
attuale.
Questa mi sembra oggi la parte più viva e rappresentativa della
mutazione in atto, la romantica resistenza di una musica che sa ancora,
nonostante la totale dispersività della rete, restarti tatuata nel corpo
e nell'anima.