Sesto al Reghena 28 luglio 2012
Alle 21 scoppia un temporale estivo e mentre gli organizzatori prontamente coprono la strumentazione sul palco, l’aria rinfresca e ci prepara per un’altra boccata di ossigeno sonoro per i nostri neuroni.
La pioggia dura poco più di 10 minuti e appena smette "Brown and the Leaves" apre la serata. E’ il progetto solista di Mattia Del Moro, nato e cresciuto a Tolmezzo, ai piedi delle Alpi Carniche.Per l’occasione è accompagnato da Riccardo Di Vinci (contrabbasso) e Lucia Violetta Gasti (violino) ci presenta un saggio di pezzi che mi ricordano quell’anima senza impronte che è stato Nick Drake. Bravo.
Alle 22 è la volta della talentuosa My Brightest Diamond (Shara Worden) torna in Italia per presentare il nuovo “All Things Will Unwind”, Per sexto’nplugged My Brightest Diamond ripropone il concerto realizzato al Lincoln Center di New York avvalendosi della collaborazione di un ensemble acustico “locale” diretto, nell’occasione, dal Maestro Giorgio Tortora e da un giovane batterista.
Shara sprizza energia e diverte con il suo pop cameristico orchestrale, usando strani strumenti e accompagnando il suo live con travestimenti e gag molto particolari.
Ma devo ammetterlo, io sono qui per Ólafur Arnalds.
“se c’è una cosa che mi manca è la mancanza” cit.
…nel sovraccarico sonoro del nostro tempo, la sottrazione dal rumore di fondo, la sottrazione all’uso sconsiderato di hard disk pieni di mp3, la sottrazione all’accelerazione dei flussi sonori è centrale per evitare la desensibilizzazione.
Da qui la ricerca del suono dove tutto si fa rallentato, dove i nostri sensi si dilatano, dove assaporare ancora distacco dal reale. La modern-classical è anche questo: Un rifugio sicuro dove distendersi e lasciarsi andare, seguendo le scie più dolci nel marasma sonoro.
Musica senz’altro più adatta all’intimo della propria stanza che ad un live show. Il live richiede qualcosa di più al pubblico: una devozione a questo suono dove si presuppone un assoluto silenzio e una profonda attitudine introspettiva. Pochi musicisti riescono ad ottenere questo, uno di questi è senz’altro Ólafur Arnalds, giovanissimo artista ma già affermato proveniente dalla glaciale e lontana Islanda.
Grazie alla perfetta unione tra musica e location, quello si Sexto Unplugged è stato un live commovente, con splendidi e struggenti brani dai nomi impronunciabili che regalano ai presenti momenti di rara bellezza, intrisi di poesia e solitudine come paesaggi innevati, o per restare in loco come paesaggi boschivi della pianura friulana.
Tra un pezzo e l'altro il giovane Olafur abbandona le vesti dell'artista malinconico per tornare uno scanzonato ventenne che intrattiene il pubblico con aneddoti e sagace umorismo, creando un spiazzante contrasto con la malinconia delle sue composizioni.
Il concerto è la sublimazione del bello e molto altro: un pianoforte-metronomo che scandisce i tempi un violino che scalda i nostri cuori, un violoncello contemplativo creano un'atmosfera sospesa nel silenzio e sembra davvero di essere “altrove”.
Qualcuno durante l’esibizione ha lasciato il proprio posto a sedere, forse per l’ora tarda, forse per la mancata sintonia con un suono malinconico, a tratti triste e cupo,che richiede una simbiosi per sfociare in gioia dell’animo.
L’ Islanda è la terra di artisti, inutile girarci intorno, affascinante ed evocativa e nell'ultimo periodo ha dato prova di essere capace di rivoluzioni non solo sonore, evitando l’austerity e debito finanziario. Investire in cultura è servito e serve eccome!!!
La musica di Olafur ( e molto Iceland sound) rappresenta il suono un paese che incanta, ma non si lascia incantare.
Alle 21 scoppia un temporale estivo e mentre gli organizzatori prontamente coprono la strumentazione sul palco, l’aria rinfresca e ci prepara per un’altra boccata di ossigeno sonoro per i nostri neuroni.
La pioggia dura poco più di 10 minuti e appena smette "Brown and the Leaves" apre la serata. E’ il progetto solista di Mattia Del Moro, nato e cresciuto a Tolmezzo, ai piedi delle Alpi Carniche.Per l’occasione è accompagnato da Riccardo Di Vinci (contrabbasso) e Lucia Violetta Gasti (violino) ci presenta un saggio di pezzi che mi ricordano quell’anima senza impronte che è stato Nick Drake. Bravo.
Alle 22 è la volta della talentuosa My Brightest Diamond (Shara Worden) torna in Italia per presentare il nuovo “All Things Will Unwind”, Per sexto’nplugged My Brightest Diamond ripropone il concerto realizzato al Lincoln Center di New York avvalendosi della collaborazione di un ensemble acustico “locale” diretto, nell’occasione, dal Maestro Giorgio Tortora e da un giovane batterista.
Shara sprizza energia e diverte con il suo pop cameristico orchestrale, usando strani strumenti e accompagnando il suo live con travestimenti e gag molto particolari.
Ma devo ammetterlo, io sono qui per Ólafur Arnalds.
“se c’è una cosa che mi manca è la mancanza” cit.
…nel sovraccarico sonoro del nostro tempo, la sottrazione dal rumore di fondo, la sottrazione all’uso sconsiderato di hard disk pieni di mp3, la sottrazione all’accelerazione dei flussi sonori è centrale per evitare la desensibilizzazione.
Da qui la ricerca del suono dove tutto si fa rallentato, dove i nostri sensi si dilatano, dove assaporare ancora distacco dal reale. La modern-classical è anche questo: Un rifugio sicuro dove distendersi e lasciarsi andare, seguendo le scie più dolci nel marasma sonoro.
Musica senz’altro più adatta all’intimo della propria stanza che ad un live show. Il live richiede qualcosa di più al pubblico: una devozione a questo suono dove si presuppone un assoluto silenzio e una profonda attitudine introspettiva. Pochi musicisti riescono ad ottenere questo, uno di questi è senz’altro Ólafur Arnalds, giovanissimo artista ma già affermato proveniente dalla glaciale e lontana Islanda.
Grazie alla perfetta unione tra musica e location, quello si Sexto Unplugged è stato un live commovente, con splendidi e struggenti brani dai nomi impronunciabili che regalano ai presenti momenti di rara bellezza, intrisi di poesia e solitudine come paesaggi innevati, o per restare in loco come paesaggi boschivi della pianura friulana.
Tra un pezzo e l'altro il giovane Olafur abbandona le vesti dell'artista malinconico per tornare uno scanzonato ventenne che intrattiene il pubblico con aneddoti e sagace umorismo, creando un spiazzante contrasto con la malinconia delle sue composizioni.
Il concerto è la sublimazione del bello e molto altro: un pianoforte-metronomo che scandisce i tempi un violino che scalda i nostri cuori, un violoncello contemplativo creano un'atmosfera sospesa nel silenzio e sembra davvero di essere “altrove”.
Qualcuno durante l’esibizione ha lasciato il proprio posto a sedere, forse per l’ora tarda, forse per la mancata sintonia con un suono malinconico, a tratti triste e cupo,che richiede una simbiosi per sfociare in gioia dell’animo.
L’ Islanda è la terra di artisti, inutile girarci intorno, affascinante ed evocativa e nell'ultimo periodo ha dato prova di essere capace di rivoluzioni non solo sonore, evitando l’austerity e debito finanziario. Investire in cultura è servito e serve eccome!!!
La musica di Olafur ( e molto Iceland sound) rappresenta il suono un paese che incanta, ma non si lascia incantare.