Questa stagione di
trasmissioni è giunta al termine, Diserzioni tornerà a settembre per un nuovo
ciclo di emissioni radiofoniche, intanto durante l’estate saranno in programma
delle repliche.
Stay tuned!
Anche in questa stagione “Diserzioni” ha cercato la dolce
deriva guidata nell’oceano di suono. Navigazione per associazioni nell’infinito
desertoceano sonoro attuale, erranza e nostalgia, scoperte e ritorni.
Ha cercato l’equilibrio tra il perdere e il mantenere la
propria cifra singolare per scongiurare il pericolo di dispersione.
Del resto in questo flusso sonoro infinito, in questo mondo
sovra stimolato non riusciamo più a interpretare il sovraccarico informativo
che ci sommerge e si rischia l’ apatia.
L’apatia verso il senso e di contro la dipendenza verso la connessione nell’infosfera 24 su 24.
È notizia di questi giorni che il 73% di noi soffre di
sindrome del beep, della vibrazione fantasma, una malattia che vorrebbe sempre
più presenza, sempre più overdose di reale.
“Il reale cresce come il deserto.
L’illusione il sogno la passione la follia la droga ma anche l’artificio il
simulacro, questi erano i predatori naturali della realtà. Tutto ciò ha perduto
gran parte della sua energia come fosse stato colpito da una malattia incurabile
e subdola.”
(J. Baudrillard:
Il patto di lucidità, Cortina, pag. 21).
L’universo musicale attuale è sicuramente sovraccarico,
accelera i flussi, fa proliferare le fonti sonore fin quando esse raggiungono
il rumore bianco dell’indistinguibile, dell’irrilevante, dell’indecifrabile.
Come evitare la desensibilazione e l’anestesia percettiva?
Come selezionare e organizzare flussi sonori per dolci
derive in queste tempeste emozionali senza cercare facili approdi fatti di
nostalgie e identità passate ?
Può il suono essere ancora terapia per la nostra mente,
essere la forza capace di sottrarla/riattivarla quando paralizzata sia dalla
realtà che dalla virtualizzazione?
Penso di sì, almeno continua ad essere la cura della mia
mente, la mia cura quotidiana.
Cura è il contrario di apatia, è dare importanza a qualcosa,
restituire senso alla percezione.
Diventare sospensione dal rumore e valorizzare il silenzio,
essere profondità quando tutto è superficiale, dare senso erotico al frammento
vocale quando il proliferare di parole inflaziona il loro significato.
Fortunatamente nell’oceano sonoro troviamo ancora queste
qualità, questi spunti in grado di comporre una via di fuga, una terapia, un
cura per la nostra stanca mente.
Personalmente queste qualità le trovo nell'esplosione
silenziosa di molta ambient, nelle profondità del post-dubstep, nella
frammentazione desiderante dell'elettronica, ma anche nella nostalgia del
futuro di certa nuova wave e nella beatitudine dello shoegaze più ambientale.
Oggi forse non c'è altra via che gettarsi nell'oceano di
suono, ma ciò non vuol dire conformarci all'apatia, ma tentare di entrare in
sintonia con il fluire delle onde che
spingono oltre il reale la nostra immaginazione.